Ciclismo: tanta Bormiese alla Gran Fondo Marco Pantani 2010
06 Luglio 2010
Il 27 Giugno 2010 la 6a edizione della Granfondo Internazionale Marco Pantani, intitolata al celebre campione, con partenza e arrivo all'Aprica ha raggiunto il record di iscritti, 2.940 in totale, che sin dal venerdi si sono presentati nella cittadina valtellinese per prendere parte ad un evento ricco di momenti di grande fascino per tutti gli appassionati, ciclisti e non.

Numerosissimi gli iscritti stranieri, provenienti da ogni parte del mondo: 643 in totale.
La rappresentativa della Unione Sportiva Bormiese contava di una ventina di corridori partecipanti.

Già all'alba, prima delle 6.00, molti ciclisti stazionavano fuori della zona transennata della partenza, in attesa dell'apertura delle griglie che, una volta avvenuta, ha visto l'ampio viale dell'Aprica popolarsi e vivacizzarsi in un lungo serpentone di atleti, tutti vestiti della maglia celebrativa ciclamino, una delle tante casacche indossate dal Pirata nel corso della sua gloriosa carriera.

Alcune nuvole all'Aprica, ma verso Est, nel profondo incavo della Valcamonica, in direzione del Gavia e sotto gli imponenti graniti dell'Adamello, un cielo azzurro faceva presagire l'evolversi di quella che si sarebbe manifestata una splendida giornata, piena di sole, calda, accogliente per gli atleti ormai pronti e protesi in tutte le loro forze verso l'eroica fatica.
L'interminabile Gavia e "sua maestà" il Mortirolo attendevano, impassibili e indifferenti, nella loro solennità. Alla sinistra, quasi dimenticato e trascurato, il timido "fratello minore" dei due giganti: il passo di Santa Cristina.

Il via ufficiale alla corsa viene dato alle ore 7.00, con il consueto e suggestivo scenario coreografico creato da un cielo di maxi coriandoli color ciclamino sparati in aria dal kabuki.

Fino ad Edolo il lungo serpentone di atleti si è mosso ad andatura controllata sotto l'attenta guida della Direzione di Corsa e delle motosfaffette che, al fine di prevenire le spiacevoli e pericolose cadute provocate dalle folli andature di improvvisati e impavidi discesisti presi dalla foga di risalire posizioni, e anche per evitare i pericoli generati dai restringimenti di carreggiata nella zona di Corteno Golgi, hanno limitato la velocità al di sotto dei 40 km/h.

Dopo la galleria di Edolo il via effettivo della gara: il gruppo subito accellera, si sfalda e si seleziona sotto l'andatura sostenuta e forsennata dei gregari delle squadre dei "pro", Cicli Maggi FRW e Team Carimate Kuota.
Pronti-via: con il cuore in gola e le gambe a tutta, per molti atleti è già giunto il momento di decidere dove dirigersi. Svoltare a sinistra imboccando il percorso Fondo, di 89 chilometri, che prevede la salita al Mortirolo dal versante "buono" della bresciana (da Monno), o proseguire diritto verso la scalata del Gavia, imboccando così la via del non ritorno verso il versante "terribile" dello stesso Mortirolo.

465 atleti opteranno per il Fondo, svoltando a sinistra: tra questi Bracchi Silvano, Sosio Valentino e Della Marta Cristian della Bormiese...tutti gli altri proseguiranno verso Ponte di Legno.
Sul Mortirolo da Monno subito si accende la bagarre...alla fine, dopo aver impegnato anche il Santa Cristina, Bracchi sarà 51°, Sosio 52°, Della Marta 61°.

Nel frattempo sulla strada del Tonale, proseguendo verso Ponte di Legno, l'andatura si mantiene elevata anche per i temerari della mediofondo e della granfondo: a Ponte di Legno, imboccata la strada del Gavia, inizia la vera salita, 17 chilometri che non lasciano spazio a respiro, una pendenza media dell'8% e punte del 14-16%. Il tutto in uno scenario meraviglioso di alta montagna, con le strade completamente ripulite dalla sabbia e messe in sicurezza dopo le forti precipitazioni dei mesi invernali e primaverili e, cosa non secondaria, completamente chiuse al traffico che non fosse di ausilio alla corsa. Un meraviglioso cielo azzurro a fare da sfondo alle istantanee dei primi fotografi posizionati sui tornanti del Gavia alla caccia delle migliori personificazioni della fatica ormai già profondamente scolpita sui volti degli atleti.
Per i sedici portacolori della Bormiese non è dato sapere quello che succede davanti. Una quindicina dei migliori atleti se ne sono già andati...Della Pona, Della Torre e Scarcella provano a seguire i colleghi-avversari del Club Lombardia che, uniti e collaboranti in un sol gruppo degno delle più organizzate squadre ciclistiche, operano un forcing micidiale sino ai 2650 m del passo di Gavia.

I "pro" scollinano con 2h 15'. Un tempo incredibile considerando i 7' persi per l'andatura forzatamente controllata sino a Edolo. 4' dopo arrivano anche i normali. Tra di loro i primi della Bormiese e del Club Lombardia che, unitamente ad un drappello di corridori di altre squadre, nella discesa provano, quasi utopicamente e contando nella confidenzialità delle strade di casa, a rientrare sui primi.
Nell'abitato di Bormio numerosi spettatori hanno calorosamente sostenuto i ciclisti e soprattutto i portacolori della Bormiese. Ogni grido di incitamento e di esortazione è stato il nostro vero doping di giornata: un grazie da parte di noi atleti a tutti coloro che ci hanno incoraggiato regalandoci quei brividi di adrenalina che in tali situazioni possono dare quel qualcosa in più che certamente non guasta!

Il piccolo Andrea Acquistapace lancia il guanto di sfida ai campioni: parte sul piano di Bormio e, poco dopo, si porta dietro Vincenzo Pisani.

L'utopia dei beniamini di casa si trasforma in realtà dopo 50 Km, a Tiolo, in prossimità di Grosio: grazie ad un ritmo sostenuto, continuo, frenetico, impresso principalmente dagli atleti delle due squadre di Bormio avviene il ricongiungimento, agevolato anche dal fatto che davanti i migliori, consci di quello che li aspetta, hanno deciso di prendere la discesa quasi a riposo. Per molti tale ritmo risulterà esagerato nel prosieguo della gara e la fatica si farà sentire oltremodo.
Gli altri atleti, ormai distribuiti in gruppi e gruppetti più o meno folti, sfruttando la strada tendenzialmente in discesa, cercano di riprendere vigore alimentandosi al meglio e provano anche a scambiare qualche parola con gli avversari.

Ben presto la discesa termina. Una condizione di gravità emotiva già pervade l'animo degli atleti. La strada gira seccamente e, all'altezza del ponte sull'Adda di Mazzo di Valtellina, attraversa perpendicolarmente il fondovalle: dirimpetto, quasi un segno premonitore, l'impervio versante mostra tutta la sua maestosità. Davanti c'è la "Salita", l'ascesa per eccellenza, "odio e amore" di ogni ciclista, c'è l'erta resa mitica dalle imprese di Marco Pantani: davanti sta il "terribile" Mortirolo, il simbolo della corsa. Di fronte sta la salita che in un attimo è in grado di mandare un atleta dal paradiso all'inferno...e viceversa. La strada sale implacabile, la pendenza non scende praticamente mai su valori a una cifra e la fatica si fa sentire come non mai: questi sono gli scogli da superare nel lungo tragitto verso la meta, oltre alla "solitudine", naturalmente. Sul Mortirolo ogni atleta si ritrova abbandonato a sé stesso: non esistono rivali, l'unico avversario è il proprio limite.

Lungo i tornanti i numerosi drappelli di tifosi e il folto pubblico sulla cima, giunto grazie alle apposite navette messe a disposizione dal Comitato Organizzatore, accompagnano con i propri incitamenti il lento salire degli atleti: una processione continua e interminabile dove i più forti e preparati granfondisti affrontano la salita con velocità di poco superiore ai 12 km/h (i 10 migliori saliranno il Mortirolo in 50'-55'); dietro sono in molti che rischiano di piegarsi alla difficoltà della salita. La strada si inerpica con punte del 18%, la pendenza media è del 10,5 %, i pochi tratti dove la strada spiana servono per rifiatare: la crisi si nasconde dietro ogni tornante. Gestire le energie è la cosa più importante.
Qualcuno poggia umilmente il piede a terra e questo malgrado la preparazione ad hoc e la dotazione "speciale" di rapporti montati per l'occasione (anche 34x32!).
Ma la razza dei ciclisti è di quelle più testarde e ostinate, tenaci e caparbie! Laddove l'erta si fa più aspra e indomabile ognuno, nei limiti delle proprie possibilità e capacità, ripreso fiato e coraggio, ripescato quel briciolo di orgoglio dentro sé stesso, rimonta in sella e accenna qualche colpo di pedale, indi si ferma nuovamente, procede a piedi, si ferma e ancora riposa per poi ripartire. Non c'è tregua sino al quinto ultimo tornante. Qui le spianate dei pascoli indicano che la fine del calvario è ormai prossima: la strada non morde più, il mostro è ormai domato! Molta gente ad aspettare i propri beniamini, ma c'è un applauso per ognuno dei volti trasfigurati dallo sforzo, un'atmosfera famigliare e calorosa.
Sulla sinistra, subito dopo il passo, lo stand del rifornimento è letteralmente preso d'assalto. Ma è ben fornito, e tutti troveranno il meritato sollievo.

Sul Mortirolo transitano tutti pure i portacolori della Bormiese! La squadra procede intera, sebbene sfaldata.
Ognuno avanza con il proprio ritmo, secondo le qualità concessegli da madre natura, secondo il livello di allenamento sostenuto durante le stagioni invernale e primaverile, in base alla propria età; per fare bene è anche necessario essere "in giornata". Chi più veloce, chi più lento: ma tutti alla faccia della fatica, di quel greve e talora insopportabile fardello che è la comune costante di tutti i partecipanti della Pantani.

L'inferno è passato ma la Pantani non è ancora finita. Allo scollinamento ogni atleta si capacita della prestazione effettuata, l'orgoglio ha ottenuto la sua rivincita sulla paura e sull'umiliazione di "saltare", nuove energie scaturiscono da dove meno ci si aspetta. Il greve stato d'animo di Mazzo lascia spazio ad una nuova determinazione.
Il lungo e nervoso falsopiano verso Trivigno, leggermente in salita, ripristina il clima di sfida tra gli avversari e rappresenta l'ultimo grosso ostacolo per gli atleti della mediofondo. I chilometri nelle gambe sono molti e lo strappo di Guspessa si fa sentire. Aggrappato con i denti al manubrio della propria bici ciascuno prova a non perdere la ruota dei compagni di gruppo. Poi finalmente, la tanto agognata discesa! Davanti, a tutta, gli iscritti della mediofondo...Trivigno, Piangembro, S. Pietro e, infine, per loro si profilano gli striscioni dell'arrivo di Aprica. Per i più "sadomasochisti" la volata finale. Dietro i determinati della granfondo e gli indecisi. Per questi ultimi, giunti ad Aprica, rimane l'ultimo dubbio.
Un breve istante per capire quanta "benzina" sia rimasta, un altro ancor più breve per decidere: dentro un altalenante susseguirsi di volontà opposte. Svoltare a destra e scendere verso il Santa Cristina sul percorso della granfondo o concludere la fatica tagliando il traguardo della mediofondo?
Saranno in 1243 a prendere quest'ultima decisione. Tra questi 14 atleti della Bormiese: 31° Della Torre Andrea, 41° Scarcella Carlo, 96° Capelli Angelo, 102° Illini Fiorenzo, 307° Schena Daniele, 358° Urbani Emilio, 360° Morenduzzo Simone, 373° Rainolter Mauro, 438° Sosio Remo, 451° Schema Giacomo, 663° Lanfranchi Giacomo, 934° Romedi Felice, 996° Negrini Lorenza, 1031° Pusani Stefano.

650 proseguiranno ad imboccare la salita verso il "fratello minore" di Gavia e Mortirolo. Per la bormiese saranno Della Pona Lucio e Schivalocchi Andrea.
Ad imboccarlo dopo 155 chiometri, con i due giganti nelle gambe, il Santa Cristina è tutto meno che il "fratello minore": pare un muro invalicabile, sembra di essere Davide contro Golia. La strada a più riprese sfiora pendenze del 14%: senza più forza ed energia è come ripetere il Mortirolo. Per fortuna il bosco scherma gli atleti dalla canicola del primo pomeriggio. Ognuno ha acquisito il proprio passo, ormai si viaggia solitari in compagnia del silenzio della montagna. In sottofondo il leggero stridere della catena della bicicletta, talvolta il canto di un usignolo. Metro dopo metro la consapevolezza dell'arrivo ormai vicino alleggerisce la gravezza psicologica degli atleti. La determinazione è quella di spingere una volta ancora sui pedali. Peccato, però!...le gambe difficilmente ubbidiscono, quando lo fanno sono i crampi a farsi immediatamente sentire. L'ultimo chilometro della salita è interminabile, la pendenza è del 16%. Un fresco bicchiere d'acqua al rifornimento in prossimità del passo, quasi a brindare all'impresa, poi il tratto pianeggiante di Piangembro; infine la picchiata di S. Pietro porterà gli atleti all'Aprica. L'ultimo tratto in salita verso l'arrivo lascia spazio al sorriso: Lucio e Andrea concludono rispettivamente al 20° e al 238° posto sul percorso della Granfondo.

Per la Bormiese un bilancio più che positivo. Un ottimo risultato per una squadra che forse ha un po' pochi "talenti", quelli vanno dove più conviene, ma uno spirito che va oltre quello della pura competizione, verso quello del gruppo e dello sport inteso come divertimento al di là della prestazione.
Atleti che hanno sfidato in successione una, due, tre montagne di quelle come raramente se ne vedono nelle altre granfondo, atleti che hanno fatto tutto ciò al di là del loro valore sportivo, atleti che hanno messo in gioco sé stessi in una sfida che lambiva lo straordinario, uomini e donne che hanno dimostrato che anche nella normalità di tutti i giorni si può fare qualcosa che equivale, quasi, all'impossibile.

Da segnalare, l'importante lavoro svolto compiuto dal Comitato Organizzatore e dai sempre numerosi e preziosi volontari della comunità locale, con un numero di ristori aumentato rispetto al passato lungo le ascese, cosi come sulle altre parti del percorso. Va riconosciuta la notevole capacità dell'organizzazione che ha predisposto ben tre rifornimenti lungo i 12 chilometri dell'ascesa del Mortirolo. Visto il caldo di giornata, che ha limitato le prestazioni di molti atleti comportando, spesso, i crampi, la scelta si è rivelata azzeccata. Sono stati molti i partecipanti che alla fine hanno sostenuto di poter affrontare questa gara anche privi di borraccia, visto il costante e strategico posizionamento dei ristori.

Alla fine tutti al pasta party presso la piscina comunale dell'Aprica ad integrare le energie spese per affrontare la mitica Pantani...in pochi pensavano alla linea, per i più il pensiero era già al 2011...

Appuntamento all'anno prossimo, allora, anche se probabilmente della Pantani non resterà più il leggendario nome.
Resteranno invece le sue particolarità, con quelle salite uniche e quelle discese da urlo, resterà l'aria frizzante e rarefatta del Gavia, la paura ai piedi della grande "Salita". Rimarranno le pendenze da incubo del Mortirolo e la sensazione di onnipotenza di ogni corridore una volta raggiunta la sua cima, resterà il dubbio di andare ad inforcare il S. Cristina una volta in vista del primo traguardo dell'Aprica...rimarranno i tifosi a Bormio ad aspettare i loro beniamini...sì, perché passeranno una volta ancora i portacolori della bormiese...

A cura di Lucio Della Pona, Andrea Della Torre, Angelo Capelli

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  1. Anonimo il giorno 19/08/2010 19:06 ha scritto:
    Lucio Della Pona, very strong...

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